‘’L'argomento
è di quelli "sensibili"; tocca l'etica, ma anche la salute della
popolazione. E' a tutti gli effetti un inceneritore, ma preferiscono ignorarlo
e tentano di rinviare il confronto con la popolazione a dopo le elezioni, nel
frattempo però - passo dopo passo - preparano il terreno per costruire il forno
nel bel mezzo delle abitazioni e vicinissimo a scuole e giardini, incuranti
degli effetti che potrà avere sulla salute dei cittadini.
Ognuno ha la sua
strategia comunicativa ma entrambi hanno lo stesso comune denominatore: i
cittadini non devono sapere!
Perchè non dire la verità ai
cittadini?
La
mobilitazione in corso, lui sostiene, nasce dai chi risiede nelle vicinanze e
teme ricadute di inquinanti nei loro giardini ....! Gli inquinanti non ricadranno
solo nei giardini di chi abita nelle vicinanze, ma si disperderanno nell'aria,
trasportati dai venti e andranno ad aggravare tutta la situazione ambientale
dell'area già pesantemente compromessa..... ovvio che chi abita nelle vicinanze
ne riceva dosi maggiori!
Analisi compiute su
siti simili hanno infatti dimostrato importanti emissioni di sostanze
inquinanti che vanno dalle polveri sottili, monossido di carbonio, ossidi di
zolfo, composti organici del cloro e del fluoro, metalli pesanti, in particolare
il mercurio (dall'amalgama nelle otturazioni dentarie che, reso biodisponibile
dalla combustione, contamina i terreni circostanti per lunghi periodi) fino
alle diossine che, attraverso la catena alimentare entrano nei nostri corpi e
sono cancerogeni certi. Non ci vengano a dire che questo è allarmismo.... ‘’
I ‘’PRO’’ TEORICI!!!!
L’installazione
e l’utilizzazione di un impianto di cremazione é soggetta alla preventiva
autorizzazione del Enti Competenti ai sensi della normativa vigente.
Gli Enti generalmente
interessati sono il Comune, la Provincia e gli Enti di controllo che sono
chiamati a valutare il progetto presentato in termini di rispetto della
normativa vigente.
NORMA
TECNICA Norma UNI 9496 - Impianti di incenerimento di rifiuti speciali. Offerta,
fornitura e collaudo.1991.
Le
tecnologie di cremazione si sono evolute per migliorare sia il controllo e lo
svolgimento del processo di cremazione sia l’abbattimento degli inquinanti per
mezzo di sistemi di filtrazione sempre più efficienti.
Per ottimizzare il funzionamento di
un impianto di cremazione dovrebbero comunque
sempre essere eseguite da parte dei responsabili le operazioni di manutenzione
previste per mantenere in piena efficienza tutte le apparecchiature e svolgere
un programma di formazione permanente del personale per mantenerlo aggiornato e
motivato a svolgere al meglio il proprio compito.
L'impianto
di cremazione GEM completo di sezione di depurazione fumi a secco sarà in grado
di ottenere i seguenti valori massimi di emissione riferiti all’11% di O2
libero, condizioni normali (273°K e
101,3 kPa) e gas secco in conformità con le proposte contenute nel « Libro
Bianco sulla Cremazione» presentato a Bruxells 30 Maggio 2008 (link
www.eurocrematori.eu):
polveri 10
mg/Nm3
monossido di
carbonio (CO)
50
mg/Nm3
composti
organici volatili (COV) 20
mg/Nm3
mercurio
(Hg)
0,2
mg/Nm3
diossine /
furani
0,1
ng/Nm3
ossidi di
azoto (NO2)
400
mg/Nm3
acido cloridrico
(HCl)
30
mg/Nm3
ossidi di
zolfo (SO2)
50
mg/Nm3
Classificazione
dei rifiuti
Dovranno
essere effettuate analisi quantitative e qualitative delle ceneri e delle
polveri provenienti dai sistemi di filtrazione, inclusa l'analisi chimica
totale ai fini della loro corretta classificazione e conseguentemente della
loro corretta messa a dimora definitiva.
Per analogia
con impianti di cremazione funzionanti si rileva che le polveri potranno essere
generalmente classificate come rifiuto speciale codice CER 20.03.01.
Le polveri e
le ceneri dovrebbero essere temporaneamente stoccate in appositi
sacchi o contenitori ermetici, posizionati all’interno di contenitori rigidi
opportunamente contrassegnati, in attesa del trasporto alla destinazione
finale.
Produzione
annua di rifiuti
Il
quantitativo di polveri e ceneri volatili prodotto da un impianto di cremazione
dovrà essere valutato in funzione del numero di cremazioni effettuate e della
tecnologia di filtrazione adottato.
CHI CONTROLLERA’ TUTTO
QUESTO?????????
...BIO.....MA QUALE BIO!!
DICIAMO NO AL BIOGAS, IL
BIO INQUINAMENTO NON ESISTE ,COME NON ESISTE LA BIO MORTE………….
Altro che “energia rinnovabile”! Le
centrali a biomasse sono un affare solo per chi le fa!
L’energia
prodotta da impianti a biomassa o biogas possiamo definirla energia da fonte
rinnovabile? Stando a quello che dice il prof. Gianni Tamino sicuramente no “si
può parlare di fonti rinnovabili solo se nel territorio di origine e nel tempo
di utilizzo quanto consumato si ripristina” Ciò vale per l’energia solare,
eolica e idrica, ma non si applica totalmente alle biomasse intese come materiale
prodotto da piante e destinato alla combustione o alla digestione anaerobica.
Come
funzionano le centrali a biomasse: esistono centrali di tre tipi a) a biomasse
solide (legno, cippato, paglia, ecc.), sono impianti tradizionali con forno di
combustione della biomassa solida, caldaia che alimenta una turbina a vapore
accoppiata ad un generatore. b) a biomasse liquide (oli vari: palma, girasole,
soia,ecc.); sono impianti, alimentati da biomasse liquide (oli vegetali,
biodiesel), costituiti da motori accoppiati a generatori (gruppi elettrogeni).
c) a biogas ottenuto da digestione anaerobica (utilizzando vari substrati:
letame, residui organici, mais o altro). Da tener presente che una centrale a
biogas con colture dedicate può ricorrere legalmente anche alla Forsu (frazione
organica rifiuti solidi urbani) in base al DL n°387 del 29/12/2003 e alla
sentenza del Consiglio di Stato Sez. V n°5333 del 29/07/2004.
Le centrali
a biomasse funzionano per combustione: a temperature che di solito superano gli
800°C, trasformano la materia delle biomasse (solide o liquide) in energia
sotto forma di calore. Il calore
alimenta una caldaia che può fornire riscaldamento (c.d. Co-generazione e
teleriscaldamento, cioè lo sfruttamento dell’energia termica per riscaldare
l’abitato circostante aumentando l’efficienza energetica dell’impianto che ne
rappresenta circa il 70-75% della produzione) o produrre il vapore necessario
per azionare una turbina e produrre energia elettrica (che rappresenta il
25-30% del potenziale energetico dell’impianto.
Le centrali
a biogas funzionano attraverso un processo di
fermentazione-digestione-metanizzazione: trasformano la materia attraverso la
“digestione anaerobica” che, in assenza d’aria e per mezzo di batteri che si
nutrono della sostanza organica, producono gas/metano e digestato.
Il digestato
è un rifiuto (codice CER: 190600-03-04-05-06).
Il gas
captato dalle vasche di fermentazione viene immesso in centrali a gas con
motori con potenza solitamente inferiore a 1MW elettrico, dove per mezzo della
combustione produce energia elettrica e calore.
A chi servono queste
centrali?
Servono agli
imprenditori che realizzano l’opera, per beneficiare di generosi incentivi
statali previsti per le “fonti rinnovabili”. Senza incentivi statali verrebbe
meno la ragione economica principale di questa attività. In ogni caso è
possibile ritenere che la generalizzata propensione alle centrali a biomassa e
biogas rientra anche in una più generale prospettiva di riutilizzo di queste
centrali per il trattamento di rifiuti. Infatti, la frazione organica dei
rifiuti solidi urbani (Forsu) è equiparata alle biomasse con decreto
ministeriale. Facile prevedere che una volta costruite queste centrali, invece
di essere alimentate con biomasse agricole, di cui l’Italia non dispone e che
hanno un costo sempre maggiore, potranno essere alimentate con Forsu, il cui
costo di smaltimento è già una prima fonte di redditività. Il conferimento
della Forsu vale da 80 a 110 €/t, il verde circa 60 €/t e i fanghi da
depurazione circa 90 €/t.
E’ PARADOSSALE ED INQUIETANTE PROMUOVERE UNA CAMPAGNA DI
‘’BIO-INQUINAMENTO’’
Se pensiamo
che una centrale a biomasse solide della potenza di 1 MW accesa tutto l’anno,
tutti i giorni 24 h al giorno consuma 14.400 t/anno di materia prima due sono
le considerazioni: la prima è che l’enorme inquinamento derivante dalla
combustione di una così elevata quantità di materiale non è limitato soltanto
all’entità dei fumi, delle ceneri e delle microparticelle emesse nell’aria, ma
deve tener conto anche del traffico di camion necessario per il continuo
rifornimento della biomassa da bruciare; la seconda è l’impossibilità di
rispettare una clausola che troviamo sempre nei progetti di questi impianti
“materiale reperito in zona”. Non è difficile capire come sia impossibile
raggiungere tali quantità solo con le potature degli alberi o con il legname
residuo del taglio consueto dei boschi in zona. Quindi il materiale da bruciare
viene da forniture diverse, incluse importazioni di cippato a prezzo più
economico, spesso proveniente dall’estero, anche da zone altamente inquinate o
da paesi in via di sviluppo che subiscono il “land grabbing” (accaparramento di
terreni da parte di società straniere).
Le centrali
a biomasse possono bruciare qualsiasi tipo di combustibile secco e purtroppo in
molti casi è stato accertato che in queste centrali venivano inceneriti
illegalmente anche altri prodotti (immondizia, plastica, gomma). Inoltre il
Decreto Ministeriale (DM 6 luglio 2012 “nuovi incentivi alle rinnovabili”) ha
introdotto la possibilità di alimentare le centrali a biomassa anche con
Combustibile Solido Secondario (CSS) cioè il rifiuto secco trattato. Quindi è
purtroppo possibile “per decreto” bruciare lecitamente i rifiuti in questo tipo
di impianti.
Da quanto
esposto sorgono spontanee due considerazioni: la prima che dietro l’etichetta
BIO chi promuove questi impianti ha spesso le carte in regola per partecipare
al ricchissimo business del trattamento dei rifiuti; la seconda che i cittadini
pagano quindi più volte: con i soldi per gli incentivi, con le tasse per lo
smaltimento dei rifiuti e con la salute il proliferare di questi impianti.
Quali rischi
per l’ambiente e la salute sono connessi al biogas?
Per
alimentare una centrale da 1 MW a colture dedicate (mais) serve coltivare circa
300 ettari di terreno. Poichè i vegetali necessari alle fermentazione non sono
destinati all’alimentazione umana e poiché quello che conta è la resa, i
terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e di
pesticidi, che finiscono per inquinare il terreno stesso e le falde acquifere
sottostanti. La stessa combustione del biogas è fonte di emissioni tossiche. Il
biogas è più inquinante del metano perchè contiene metano soltanto al 55/60%.
Gli impianti
di bio-digestione non riescono a neutralizzare completamente i batteri
presenti, in particolare i clostridi che sono batteri termoresistenti (a questa
famiglia appartengono i batteri che provocano botulismo e tetano). In Germania
alcuni ricercatori hanno suggerito che l’epidemia di Escherichia Coli che ha
colpito la Germania nell’estate del 2011, causando 18 morti e le migliaia di
casi di botulismo osservato negli animali tra l’estate del 2011 e l’inizio del
2012, sarebbero state causate dalla presenza di centrali a biogas. Le quantità
annue di inquinanti immesse in atmosfera sono rilevanti: tonnellate di sostanze
pericolose come ossidi d’azoto e zolfo inquinano ambiente e popolazione, e
producono piogge acide. Sulla base del biogas bruciato (circa 8,5 milioni di
mc) e del contenuto medio di metano (tra 50 e 65%), si può affermare con una
certa approssimazione, che un motore di quasi 1MW brucerà un quantitativo di
metano equivalente a quello di circa 1.500 case di oltre 100 mq di superficie
(consumo annuo di circa 1.600mc) ciascuna, ma con le emissioni sommate e
concentrate in un solo punto.
Quali rischi per
l’ambiente e la salute sono connessi alle centrali a biomasse?
Con le
centrali a combustione diretta di biomasse l’impatto ambientale è molto
gravoso, soprattutto in relazione al fatto che vengono considerate biomasse
anche materiali altamente inqinanti (elenco D.M. 6 luglio 2012). Tutte le
biomasse bruciate liberano in atmosfera quantità enormi di sostanze altamente
inquinanti che per ricaduta vanno ad inquinare l’ambiente e in particolare i
terreni agricoli, oltre a formare ulteriori aggregazioni chimiche inquinanti
che vanno a depositarsi anche nei polmoni di animali e umani. Infatti a
temperature elevate, fino ad 800° C, gli impianti liberano fumi con molte
sostanze inorganiche che volatizzano per poi ricombinarsi sotto forma di
polveri sottili ovvero di particolato. Questo termine, indicato con la sigla
PM, designa piccolissime particelle solide o liquide del diametro del micron
che rimangono sospese nell’aria per periodi variabili e dipendenti dalla loro
massa e diametro prima di ricadere al suolo. Le particelle hanno un diametro
che può variare da un paio di nanometri fino a 100 micron e in base a questa
caratteristica possono avere una diversa penetrazione nell’apparato respiratorio
di animali e persone fino a penetrare direttamente nel sangue quando il
particolato diventa ultrafine.
Il termine
“bio” viene utilizzato per attribuire una valenza positiva e “naturale” a
questo tipo di impianti in modo da poterli ascrivere al mondo della cosiddetta
“green economy”. La mistificazione del linguaggio, in questo caso, è
strumentale ad una politica di proliferazione di queste tecnologie sotto
l’ombrello dell’ecologia e del rispetto della natura.
Il termine
“bio” significa vita, crediamo che questi impianti di vita non ne dispensino
affatto.
Contributo a
cura del Comitato Lasciateci Respirare di Monselice.
ASSOCIAZIONE POLITICA U.R.A.Z ,
LA
PRESIDENTE JESSICA GIANNETTI.
CIMITERO DI PASSERANO 120 MILA POSTI PIU' CREMAZIONE;
CIMITERO DI SAN CESAREO PIU' CREMAZIONE;
CIMITERO DI ROCCA PRIORA CON CREMAZIONE INTENSIVA;
...NO GRAZIE!!